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Approvata dal Consiglio dei Ministri del 12 gennaio 2021 la proposta del Recovery Plan (Piano nazionale di ripresa e resilienza – PNRR). Il Piano, inviato al Parlamento per acquisirne le valutazioni, mira ad attuare il programma Next Generation EU, varato dall’UE ad integrazione del Quadro finanziario pluriennale (QFP) 2021-2027 alla luce delle conseguenze della pandemia da COVID-19. L’azione di rilancio delineata dal Piano è guidata da obiettivi di policy e da interventi connessi ai 3 assi strategici:

  • digitalizzazione e innovazione
  • transizione ecologica
  • inclusione sociale

Dopo una giornata ad elevatissima temperatura politica il Consiglio dei Ministri del 12 gennaio 2021 ha approvato, in una prolungata seduta notturna, la proposta di #Next Generation Italia, il programma di investimenti che il nostro Paese deve presentare alla Commissione europea, al più tardi il 30 aprile prossimo, nell’ambito del Next Generation EU, lo strumento per rispondere alla crisi pandemica provocata dal Covid-19.

Il documento costituisce la base di discussione per il confronto con il Parlamento, le Istituzioni regionali e locali, le forze economiche e sociali, il Terzo Settore e le reti di cittadinanza, ai fini dell’adozione definitiva del Piano.

Va ricordato che la Commissione europea avrà a disposizione poi 2 mesi per le sue valutazioni e per proporre al Consiglio Ecofin l’approvazione del Piano nazionale. Va evidenziato, con riferimento al molto discusso tema nelle settimane scorse della governance del PNNR il Governo, sulla base delle linee guida europee per l’attuazione del Piano, presenterà successivamente al Parlamento un modello di governance che identifichi la responsabilità della realizzazione del Piano, garantisca il coordinamento con i Ministri competenti a livello nazionale e gli altri livelli di governo, monitori i progressi di avanzamento della spesa.

Tre assi strategici

Così come viene sottolineato, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza richiede una svolta italiana, nella programmazione e nell’attuazione degli investimenti, che segni una discontinuità decisiva. L’azione di rilancio del Paese delineata dal Piano è guidata da obiettivi di policy e interventi connessi ai 3 assi strategici condivisi a livello europeo, digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica e inclusione sociale. Si vuole costruire un “tempo nuovo” dell’economia e della società italiane, si rimarca, tracciando le sfide del futuro che debbono guidare la direzione e la qualità dello sviluppo.

La scarsa propensione all’innovazione del sistema produttivo e il basso livello di digitalizzazione della nostra economia e della nostra pubblica amministrazione sono tra le cause principali dei deboli tassi di crescita economica del Paese, si sottolinea, che a loro volta si riflettono nell’insufficiente tasso di occupazione femminile e giovanile e lo svantaggio dell’economia meridionale. Il PNRR allora, attraverso un approccio integrato e orizzontale, mira anche all’empowerment femminile e al contrasto alle discriminazioni di genere, all’accrescimento delle competenze, della capacità e delle prospettive occupazionali dei giovani, al riequilibrio territoriale e allo sviluppo del Mezzogiorno. Tali priorità non sono affidate a singoli interventi circoscritti in specifiche componenti, ma perseguite in tutte le missioni del PNRR.

I nodi strutturali e le riforme da attuare

Il Piano intende intervenire sui fattori strutturali che impattano sull’insoddisfacente crescita italiana, dovuta non solo alla debole dinamica degli investimenti. I riferimenti sono alla dinamica demografica declinante e al basso tasso di natalità, alla ridotta dimensione media delle imprese e all’insufficiente competitività del sistema-Paese, al peso dell’elevato debito pubblico, a una incompleta transizione verso un’economia basata sulla conoscenza.

Ciò è reso sempre più evidente dalle statistiche che riguardano i risultati del Paese nel campo dell’istruzione, dell’innovazione tecnologica e della produttività. Tali statistiche evidenziano significativi ritardi nei confronti dei principali partner europei, così come marcate disparità regionali, acuite dalla mancata definizione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.

Si guarda poi al mercato del lavoro dove gli impatti della crisi sono stati attutiti per il momento dalle misure varate dal Governo con particolare riferimento al ricorso agli ammortizzatori sociali. Appare poi necessario migliorare la resilienza delle infrastrutture e potenziare il sistema sanitario.

Le linee di intervento e le politiche da attuare con il Piano sono accompagnate da riforme di contesto che, in sintonia con le Raccomandazioni al Paese da parte dell’Unione, mirano a rafforzare l’ambiente imprenditoriale, a ridurre gli oneri burocratici e a rimuovere i vincoli che hanno rallentato la realizzazione degli investimenti o ridotto la loro produttività. Il riferimento puntuale è alle riforme della giustizia, a quella fiscale, a quella del mercato del lavoro, alla promozione della concorrenza.

Come si struttura il Recovery Plan

Il PNRR si articola prima di tutto in 6 Missioni che rappresentano aree “tematiche” strutturali di intervento:

  1. Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura
  2. Rivoluzione verde e transizione ecologica
  3. Infrastrutture per una mobilità sostenibile
  4. Istruzione e ricerca
  5. Inclusione e coesione
  6. Salute

Le Missioni loro volta raggruppano 16 Componenti funzionali che si articolano in 47 Linee di intervento per progetti omogenei e coerenti.

Risorse destinate e modalità d’impiego

Le risorse complessivamente allocate nelle sei missioni del Recovery Plan sono pari a circa 210 miliardi di euro. Di questi, 144,2 miliardi finanziano “nuovi progetti” mentre i restanti 65,7 miliardi sono destinati a “progetti in essere” che riceveranno, grazie alla loro collocazione all’interno del Recovery Plan, una significativa accelerazione dei profili temporali di realizzazione e quindi di spesa.

Con il Recovery Plan il Governo intende massimizzare le risorse destinate agli investimenti pubblici, la cui quota supera il 70%. Gli incentivi a investimenti privati sono pari a circa il 21%. Impiegando le risorse nazionali del Fondo di sviluppo e coesione 2021-2027 non ancora programmate, viene sottolineato, è stato possibile incrementare gli investimenti di circa 20 miliardi per nuovi progetti che comprendono ad esempio la rete ferroviaria veloce, la portualità integrata, il trasporto locale sostenibile, la banda larga e il 5G, il ciclo integrale dei rifiuti, l’infrastrutturazione sociale e sanitaria del Mezzogiorno.

I singoli progetti di investimento, viene sottolineato nel comunicato stampa di Palazzo Chigi, sono stati selezionati secondo criteri volti a concentrare gli interventi su quelli trasformativi, a maggiore impatto sull’economia e sul lavoro. A tali criteri è stata orientata anche l’individuazione e la definizione sia dei “progetti in essere” che dei “nuovi progetti”.

Per ogni missione sono indicate, inoltre, le riforme necessarie a realizzarla nel modo più efficace. Il primo 70 per cento delle sovvenzioni verrà impegnato entro la fine del 2022 e speso entro la fine del 2023. Il piano prevede inoltre che il restante 30 per cento delle sovvenzioni sarà speso tra il 2023 e il 2025. I prestiti totali aumenteranno nel corso del tempo, in linea con l’obiettivo di mantenere un livello elevato di investimenti e altre spese, in confronto all’andamento tendenziale. Nei primi tre anni, la maggior parte degli investimenti e dei “nuovi progetti” (e quindi dello stimolo macroeconomico rispetto allo scenario di base) sarà sostenuta da sovvenzioni. Nel periodo 2024-2026, viceversa, la quota maggiore dei finanziamenti per progetti aggiuntivi arriverà dai prestiti

Le principali declinazioni su imprese e lavoro

Concentrando l’attenzione sulle misure che hanno un impatto più diretto sul sistema di impresa, si evidenziano in particolare gli obiettivi del Recovery Plan di favorire la innovazione e la digitalizzazione delle imprese (Transizione 4.0), ivi comprese quelle del comparto editoria e della filiera della stampa, la realizzazione di reti ultraveloci in fibra ottica, 5G ed investimenti per il monitoraggio satellitare. In quest’ottica, gli incentivi fiscali inseriti nel Recovery Plan sono riservati alle imprese che investono in beni strumentali, materiali ed immateriali, necessari ad un’effettiva trasformazione digitale dei processi produttivi, nonché alle attività di ricerca e sviluppo connesse a questi investimenti.

Si prevedono inoltre, nel Recovery Plan, progetti per sostenere lo sviluppo e l’innovazione del Made in Italy, delle catene del valore e delle filiere industriali strategiche, nonché la crescita dimensionale e l’internazionalizzazione delle imprese, anche attraverso l’utilizzo di strumenti finanziari a leva.

Il Recovery Plan mira poi ad incrementare l’attrattività del sistema turistico e culturale del Paese attraverso la modernizzazione delle infrastrutture materiali e immateriali, la formazione ed il potenziamento delle strutture ricettive attraverso investimenti in infrastrutture e servizi turistici strategici e il finanziamento dei progetti dei Comuni per investimenti su luoghi identitari sul proprio territorio.

Si vuole poi realizzare la transizione verde ed ecologica della società e dell’economia italiana coerentemente con il green deal europeo partendo dal conseguire una filiera agroalimentare sostenibile, aumentando la quota di energia prodotta da fonti rinnovabili e lo sviluppo di una filiera industriale in questo ambito, inclusa quella dell’idrogeno, puntando all’efficientamento energetico del patrimonio edilizio pubblico e privato con contestuale messa in sicurezza e digitalizzazione delle strutture.

Si vuole poi rafforzare il sistema della ricerca lungo le diverse fasi della maturità tecnologica, agendo in maniera sistemica sulla leva degli investimenti in R&S.

Per quel che riguarda il lavoro, il Recovery Plan intende procedere nella revisione strutturale delle politiche attive, nel rafforzamento dei centri per l’impiego e della loro integrazione con i servizi sociali e con la rete degli operatori privati; nella modernizzazione del mercato del lavoro al fine di migliorare l’occupazione e l’occupabilità, soprattutto giovanile (attraverso l’apprendistato duale e il servizio civile universale), e in particolare dei NEET, delle donne e dei gruppi vulnerabili; e nella promozione di nuove competenze (attraverso la riforma del sistema di formazione). La dimensione di genere, generazionale e territoriale di questa componente è ulteriormente rafforzata dalla complementarità con le misure di decontribuzione per i giovani, le donne ed il Sud, parzialmente finanziate attraverso il ReactEu.

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